VERSO SANKARA alla scoperta della mia Africa

Un viaggio di ritorno in Burkina Faso alla ricerca delle proprie radici

VERSO SANKARA alla scoperta della mia Africa

Maurizio Schmidt

Maurizio Schmidt

Fin dal titolo, il progetto è quello di andare in senso contrario rispetto all’atteggiamento dominante, che porta spesso a immaginare che nel rapporto con il “terzo mondo” l’Occidente sia il modello da raggiungere e si tratti di insegnare, aiutare, educare. “Verso Sankara” va nella direzione opposta: verso l’Africa, verso il racconto di esperienze da cui l’occidente ha molto da imparare.

Sankara è stato il “Presidente Ribelle” che ha governato l’Alto Volta dall’83 all’87, cambiandone il nome in Burkina Faso ("la terra degli uomini incorruttibili”). E’ stata la figura di riferimento del panafricanismo, del rifiuto della dipendenza neo-coloniale attraverso gli aiuti umanitari e della "terza via africana”; e per questo ha probabilmente pagato la sua utopia, in epoca di guerra fredda. Sankara con il suo governo, in tre soli anni, ha cambiato il paese, il penultimo più povero al mondo, imponendo la parità femminile, la vaccinazione popolare, l’educazione contro l’infibulazione e l’Aids, la lotta contro la desertificazione e l’analfabetismo. Ha fatto costruire scuole, ospedali, pozzi, case, ferrovie. Riteneva che un uomo politico debba avere come bussola la felicità del proprio popolo: suonava il rock e per andare all’ONU si faceva venire a prendere dai colleghi degli stati vicini per risparmiare. Per tutti era Tomà, da noi è pressoché sconosciuto. Per qualunque africano è divenuto un mito, ucciso a 38 anni dal suo compagno di rivoluzione, per poi governare il paese nella corruzione per più di un quarto di secolo. Fino ad essere cacciato da un'insurrezione due anni fa.

Da poco è stato riaperto il processo per il suo assassinio, spesso messo in relazione con un famoso discorso contro il debito all’ONU. Della sua eliminazione in fondo si sa tutto: esecutori e mandanti. Anche se tuttora la verità è coperta da silenzi e omertà.

Lo spettacolo è il racconto di un viaggio di ritorno in Burkina Faso alla ricerca delle proprie radici, da parte di un giovane attore milanese di origine burkinabè. Si chiama Alberto, appartiene alla cosiddetta “seconda generazione”, figlio come tanti di un matrimonio misto. E’ nato in Italia, dove, negli anni successivi la morte di Sankara, i genitori – padre italiano e madre burkinabè - sono venuti a vivere. La sua vicenda è quindi in qualche modo segnata dalla storia di Sankara, del quale però ha solo respirato un generico mito. La sua famiglia italiana è cattolica, quella burkinabè musulmana. Torna in Burkina Faso a trovare il nonno, che è molto anziano ed è un imam in un villaggio vicino Ouagadougou. Si trova al centro di una grande tribù, ad affrontare un complicato albero genealogico e tra i tanti parenti a sentire le storie di chi è partito, di chi vuole farlo, di chi vuole restare fieramente nella terra degli “uomini incorruttibili”. E’ così che il viaggio si trasforma impercettibilmente nella ricerca delle tracce del sogno perduto di Sankara.

Lo spettacolo è il racconto di questo viaggio e di questa metodologia inconsueta di report si nutre: è il diario esistenziale di chi si accorge di essere straniero in Italia e straniero in Africa, ma cittadino del mondo; di chi si riappropria delle credenze del proprio paese d’origine, riattraversa le distanze e fa i conti con i due mondi che ha in sé, scoprendo una parte africana che ha molto da rivelare a quella occidentale. E che ha le fattezze del presidente rocker che tutti chiamavano Tomà.

Lo spettacolo vede in scena l’attore italo-bukinabè Alberto Malanchino, la musica in scena del musicista burkinabè Moussa Kora Sanou. La regia e drammaturgia di Maurizio Schmidt, educatore teatrale presso la Scuola Paolo Grassi di Milano e l’organizzazione è di Davide Pansera. E’ prodotto da Farneto Teatro in collaborazione con Tamat, AICS e Festival del Mondo in Comune.